ROI e ROAS: di cosa si tratta, quali sono le differenze e come applicarli
ROI e ROAS sono due indicatori fondamentali del marketing contemporaneo. La loro funzione è quella di calcolare il ritorno sulla spesa pubblicitaria, cosa che permettono di fare secondo differenti punti di vista. Trattandosi di concetti chiave da applicare nell’advertising abbiamo pensato di proporvi un approfondimento attraverso cui avere le idee più chiare riguardo alla loro effettiva applicazione.
Cos’è e cosa misura il ROAS
ROAS è l’acronimo di Return On Advertising Spend. Non va confuso con il ROI, ovvero il Return On Investment. Il ROAS rappresenta il ritorno economico che si ottiene sulle spese pubblicitarie e la sua formula può essere enunciata in questo modo:
ROAS = ricavo pubblicitario della campagna / costo pubblicitario della campagna
È, quindi, un KPI, ovvero un indicatore di performance, uno degli ultimi e dei più importanti che sono stati conseguiti. La sua rilevanza è numerica e oggettiva, motivo per cui il ROAS richiede di essere ben ponderato, monitorato, interpretato. Cosa che non sempre viene fatta, anche perché la sua costruzione può essere non semplice. Ad esempio, in Google AdWords si rivela indispensabile costruirlo manualmente per poi inserirlo nella personalizzazione delle colonne.
E il ROI?
Il Return On Investment è una metrica che pone al centro il business. Misura, infatti, il profitto che è in grado di generare una campagna rispetto al costo di investimento, valutando la performance di una determinata strategia. Cerca di far capire il modo in cui una campagna di advertising arriva a contribuire al raggiungimento di un obiettivo aziendale.
La formula tipica del ROI è:
ROI = Utile / Costi
Se il ROAS viene calcolato unicamente sulla spesa pubblicitaria, il ROI, invece, analizza i costi operativi complessivi della strategia di marketing, includendo diversi fattori ulteriori come la ricerca e lo sviluppo, la manodopera, gli elementi del marketing stesso.
ROI e ROAS: differenti punti di vista
ROI e ROAS sono due differenti punti di vista. Il primo è una misura incentrata sul business, il secondo invece si concentra sull’advertising, misurando la sola efficacia della singola campagna pubblicitaria.
Il ROI è considerabile a tutti gli effetti un parametro inerente alla strategia aziendale; il ROAS si interessa di valutare la tattica che viene adoperata nella strategia a livello pubblicitario. Se per il ROAS il marketing rappresenta una funzione aziendale il cui costo è necessario al business, il ROI lo intende come un investimento volto alla crescita dei profitti aziendali.
Essendo metriche differenti, l’una non esclude l’altra, anzi. La soluzione migliore è quella di adoperarle entrambe, dal momento che tendono a dare due prospettive che riescono a completarsi, funzionali al business aziendale.
Il ROAS è uno strumento efficace, per i marketer, per la gestione delle spese pubblicitarie, solo a patto di essere integrato in una visione in cui si trova inserito il ROI. Diversamente, infatti, potrebbe indurre gli esperti del marketing quasi a sentirsi in dovere di spendere la totalità del budget in advertising, senza però comprendere il margine di contribuzione speso per l’attività di pubblicitaria. Il rischio è quello di non avere le spese sotto controllo, dal momento che il ROAS non misura l’effettivo impatto di un canale pubblicitario rispetto a un altro, né offre una comprensione della marginalità concreta dell’investimento per i diversi media.
Un esempio sul ROAS
Il ROAS è un KPI che si rivela importante da considerare. Questo perché assolve la funzione di misurare il reddito per l’impresa generato dalla specifica pubblicità. Essendo un parametro necessita sempre di essere contestualizzato.
Cerchiamo di spiegarci meglio con un esempio. Abbiamo una campagna di Google Ads che analizza le vendite delle crocchette per cani su un e-commerce. A fronte di un ricavo di 10.000 euro, il cui costo è di 2.000 euro, applicando la formula del ROAS il valore di quest’ultimo sarà pari al 500%. Significa che per ogni euro che si è investito in advertising, si ha un ritorno superiore di cinque volte. Il rapporto del ROAS è quindi di 5:1.
Tale valore va messo in relazione rispetto al settore di riferimento: perciò può essere che rappresenti un dato positivo, oppure no. La sua interpretazione non è mai unilaterale. A fare la differenza possono essere diversi elementi, a cominciare dai margini di profitto sul prodotto o i costi inerenti alla logistica. Il valore di 5:1 è quindi valido oppure no, per quanto riguarda il ROAS? In linea di massima possiamo dire “dipende”, ma delle considerazioni valide che possiamo fare ci sono. Vediamo quali.
I parametri ottimali del ROAS e l’applicazione su Google.
In linea generale, se il valore del ROAS risulta inferiore al rapporto di 3:1 (3 euro di ritorno per ogni euro di investimento in pubblicità online), gli introiti generati dalla campagna non appaiono soddisfacenti. Questo perché potrebbero essere sufficienti a coprire solo parzialmente i costi sostenuti, motivo per cui si rivela necessario analizzare e valutare ulteriori fattori di ottimizzazione.
La maggiorparte delle campagne tende a generare un profitto quando il rapporto del ROAS è di almeno 4:1 (ovvero di 4 euro di ritorno per ogni euro investito in pubblicità online). Significa che la valutazione dell’impatto della campagna è soddisfacente e il canale si sta rivelando efficace. Meglio predisporre, quindi, dei flag in grado di avvisare tempestivamente sulle eventuali variazioni di uno o più parametri in senso negativo.
Alla luce di quanto detto, dunque, il dato del nostro esempio appare assolutamente soddisfacente, anche se, come abbiamo accennato, si tratta sempre di un parametro, il ROAS, che va contestualizzato.
Pertanto, a fronte della diffusione della metrica ROAS, Google ha introdotto all’interno delle strategie di offerta delle proprie campagne di adv la possibilità di realizzarne una basata proprio sul ROAS. L’obiettivo è quello di massimizzare il Ritorno sulla Spesa Pubblicitaria target. L’algoritmo presenta alla base la definizione di un target ROAS, che può ad esempio presentare una percentuale del 50%. Il sistema di AdWords imposterà poi le offerte in maniera automatica così da riuscire a ottenere il maggiore valore di conversione possibile per il ROAS, sempre tenendo conto di quanto impostato all’origine dell’inserzione.
Conclusione
Abbiamo visto come ROI e ROAS rappresentino due approcci differenti. Il ROI, essendo una metrica incentrata sul business, permetterà di misurare il modo in cui l’advertising influisce sui profitti dell’azienda. Il ROAS si rivela più immediato, dal momento che valuta il costo che è necessario presenti la campagna di adv per essere validamente presente sul mercato. È efficace per confrontare i risultati conseguiti da molteplici campagne e ridefinire di volta in volta il budget, ma tende a spingere i marketers verso l’incremento delle campagne di advertising. Di per sé non ha uno sguardo lungimirante, tratto distintivo invece del ROI.
L’applicazione del ROAS e del ROI è qualcosa di complesso e che richiede competenze specialistiche, proprio come quelle che si possono trovare in una web agency. Entrambi è necessario, infatti, che vengano declinati secondo modalità specifiche. Il ROAS si rivela, ed è bene non sottovalutarlo, un fattore di analisi da integrare nel confronto delle diverse campagne accanto a elementi quali CTR, click e impression. Non va né escluso né sottovalutato.