Bias cognitivi: cosa sono e come gestirli
Un detto comune dice “sbagliando s’impara”. Potremmo proporlo però anche al contrario, ovvero “s’impara sbagliando”. I Bias Cognitivi raccontano dei nostri errori e hanno un ruolo cruciale nel processo decisionale. Rappresentano un aspetto comportamentale, oggetto di studi soprattutto in psicologia e quindi anche nel marketing.
In questo articolo, che svela un aspetto del marketing più introspettivo, vi raccontiamo qualcosa di più sul perché capire e conoscere come si sbaglia è essenziale.
Cosa sono i Bias Cognitivi?
Partiamo dal significato del termine bias. La sua origine è inglese, o meglio, provenzale. Qui “bias” vuol dire obliquo e indica i tiri storti che vengono effettuati durante il gioco delle bocce.
L’uso pratico del bias racconta di un’inclinazione di tipo mentale in cui è attuata una distorsione della realtà. Potremmo tradurre bias in italiano con pregiudizio, una parola che però rende solo parzialmente cosa davvero esso sia. Bias è un errore di valutazione, di interpretazione delle informazioni di cui si dispone, elaborate dal cervello in maniera non aderente alla realtà.
I Bias Cognitivi portano a distorsioni di questioni oggettive, fatti e avvenimenti. Perché siamo portati a realizzarli? Per dare espressione a una visione soggettiva che però non ha fondamenti oggettivi..
Da cosa derivano?
I Bias derivano dalla costruzione di mappe mentali e stereotipi: questo il luogo in cui si originano, pronti a manifestarsi. Sono causati dalle esperienze maturate, elaborate sotto forma di concetti che la persona tende a portarsi dietro una vita intera; non presentano legami logici e di effettiva validità.
Non ce ne rendiamo conto, lo facciamo in automatico, ma tante volte le nostre decisioni sono indirizzate da un bias, da uno stereotipo. La tendenza è quella di sviluppare strategie che sono talmente radicate da risultare innate, portando fuori strada ma anche permettendo di giungere al soddisfacimento reale dei bisogni. Non tutti i bias sono nocivi, non sempre sbagliare fa male. Spesso, anzi, si impara.
In un mondo in cui siamo letteralmente sommersi dalle informazioni i Bias permettono di mettere in atto vere e proprie scorciatoie mentali. Un approccio di tipo euristico, ovvero capace di coniugare strategie, tecniche e processi creativi in modo da trovare soluzioni. Molto più veloce dell’analizzare le cose a livello logico-scientifico, un procedimento decisamente più dispendioso.
Quando qualcosa non va per il verso giusto e si consegue un errore di valutazione, ragionamento, ma anche una semplice imprecisione, è qui che ci troviamo di fronte a un bias cognitivo.
Classificazione dei Bias principali
Tutti gli esseri umani possono cadere in errore, anche coloro che vengono comunemente riconosciuti come geni. Se c’è infatti una cosa che accomuna gli esseri umani sono gli errori cognitivi. Quindi inutile negarlo: capita a ognuno di noi di trovarsi incastrato in un bias cognitivo.
Quanti sono i Bias Cognitivi? Tanti, quasi infiniti e sicuramente spesso indefiniti. Così come lo sono le loro classificazioni, che cambiano con l’evoluzione dell’umanità. Ci sono studi che ne hanno contato intorno ai 200. I più condivisi sono:
- Bias etnico. Si tende a pensare meglio delle persone che sono del medesimo gruppo etnico, della propria gente. Ad esempio, se uno è campano, per citare una popolazione fortemente radicata nella condivisione delle origini, sarà portato a dare un plus a chi è campano come lui.
- Bias di ancoraggio. Un errore cognitivo che offre valore alla discussione in partenza, dando per scontate determinante valutazioni preliminari. Non sempre effettivamente applicabili.
- Bias di conferma. In questo caso il meccanismo che porta a un errore è quello di selezione delle informazioni: tra queste si valutano solo quelle che confermano le tesi di partenza.
- Bias dell’egocentrismo. Il cervello ricorda le cose brutte ma soprattutto quelle belle, in modo particolare quando gli eroi protagonisti siamo noi. Un bias volto a rafforzare l’autostima, capace di ricordare gli eventi che portano a un suo miglioramento.
- Bias della coerenza. I comportamenti del passato sono distorti, risultando simili a quelli del presente. Ma il passato è passato, mentre la vita è cambiamento: il fiume non scorre sempre uguale e fraintendere è facile. Un bias molto ben attualizzabile nel marketing.
Altri bias interessanti sono quelli legati al desiderio (wish biases), all’impatto di costi e perdite (cost biases) oppure all'incidenza del contesto in cui viene operata la decisione (framing biases). Ma ce ne sono diversi, tutti da contestualizzare e persino utilizzare all’interno del Customer Journey come nella definizione delle Buyer Personas.
I meccanismi principali che causano i Bias
Le cause principali secondo cui sono catalogati i Bias Cognitivi sono quattro, suddivise in altrettante categorie. Nel dettaglio:
- Eccesso di informazioni: troppi dati simultaneamente. Se il cervello si trova inondato di informazioni è normale possa far fatica. Un po’ come quando cade troppa pioggia tutta insieme, contenerla è impossibile. A meno che non si prenda una scorciatoia. Per il cervello significa “emergenza” e l’emergenza porta spesso a non prendere la strada giusta.
- Eccesso di informazioni: troppo poche. Se il cervello non ha dati sufficienti allora fa i conti con quelli che ha a disposizione. Spesso fraintende, ma perché non ha gli elementi per avere effettivamente un quadro di insieme. Meglio offrirglielo, quindi, ma senza esagerare con dettagli inutili.
- Fretta. Nel momento in cui il cervello si mette in una condizione di stress è qui che si trova a essere fuori strada. La fretta vuole il tempo, si dice. Il cervello però è pigro, approssimativo per sua stessa natura. Teniamone conto!
- Scelta dei dati da tenere e quelli da eliminare. Siamo in bilico tra le informazioni da preservare e quelle da eliminare. La distorsione degli avvenimenti è dietro l’angolo se non si selezionano i dati giusti. Una comunicazione coerente è importante ponga l’accento dove effettivamente serve.
Perché conoscere i Bias cognitivi
I Bias Cognitivi si trovano sempre più al centro del Neuromarketing. Sono importanti perché permettono di anticipare, con la loro conoscenza, scelte, comportamenti, bisogni impellenti. Elementi cruciali da sempre quando si tratta di strategie di advertising e che se non tenuti in considerazione non di rado portano al fallimento di una campagna promozionale.
I bias sono meccanismi cognitivi che indicano qual è la strada da percorrere per portare verso la presa decisionale sperata. Intervengono soprattutto durante la fase di acquisto, ma anche in quella che la precede, a seconda della tipologia coinvolta. Il marketing non può che tenerne conto, soprattutto il Digital Marketing, in grado di indirizzarli in mille modi diversi. Per farlo ci vuole tanta competenza e creatività.
Bias e Marketing in concreto
Il momento che vede una presa di posizione verso l’acquisto è quello più delicato. La persona si trova a pensare: lo acquisto adesso oppure rimando?
Il marketing riesce a intervenire portando un elemento a distorsione, anche minima, capace di dare la spinta finale verso un carrello che vede un’aggiunta. I Bias Cognitivi presentano una rilevanza biunivoca, per il venditore come per il consumatore. Portano a una comunanza di punti di vista che convergono nell’acquisto.
Cerchiamo di spiegarci meglio con due esempi. Il primo riguarda un bias che abbiamo già citato tra quelli comuni: quello di ancoraggio. Prima di acquistare il prodotto ci troviamo a fare diverse ricerche. Quello che però si rivela il parametro di riferimento è il primo prodotto con cui ci relazioniamo, essendo di ancoraggio. Magari non è la soluzione migliore, ma è la prima e porta a valutare quelle successive.
In termini di prezzo se il primo articolo visualizzato cosa 20, quando ne compare uno a 15 ci sembra migliore, ma se poi un altro vale 30 verrà naturale scansarlo perché esagerato. Il 20 è il nostro punto di riferimento, non c’è niente da fare: è un meccanismo naturale. Un bias che illustra bene perché è importante essere ai primi posti nelle SERP degli utenti.
Un altro esempio, questa volta sul bias etnico. Recentemente la palleggiatrice della Nazionale di Pallavolo Femminile Alessia Orro, sarda di Oristano, influencer con 133 mila follower su Instagram, ha partecipato alla campagna di advertising per un’azienda dell’isola che produce prodotti ortofrutticoli. Sponsorizzata a livello locale e regionale, online ma anche ad esempio con manifesti presso l’aeroporto di Cagliari, è stata capace di ottenere un successo importante anche fuori dai suoi confini geografici. Perché? Merito dell’idea originale, ma anche della condivisione di un bias etnico, quello legato alla Sardegna. La campagna è stata lanciata durante l’estate 2022, il momento in cui l’isola registra il maggior numero di visite.
Per concludere: l’effetto Google
C’è un bias cognitivo che riguarda Google, individuato per la prima volta da un team di scienziati della Columbia University alla guida del quale c’era la professoressa Betsy Sparrow.
Era il 2011 quando fece la sua comparsa lo studio, con un articolo inerente agli effetti sulla memoria delle persone prodotti da Google e dagli altri motori di ricerca. Il dato rilevante? Il cervello adopera questi sistemi come vere e proprie memorie di scorta o hard disk di sicurezza. Non lo ricordi, non lo sai? No problem: c’è Google. A chi non capita di pensarlo?
Per concludere, l’effetto Google e gli esempi che vi abbiamo proposto mostrano bene come e perché per chi lavora nel marketing tutti i giorni, come nel caso di una web agency, è importante conoscere i meccanismi con cui le persone acquistano e le scorciatoie decisionali che intraprendono. L’importante è conoscere e saper indirizzare i Bias Cognitivi, studiandoli e restandone consapevoli, rimanendo lucidi e analitici.