Brand Equity: l'importanza del valore di marca per il consumatore
Uno dei concetti fondamentali del marketing è quello del valore della marca: la cosiddetta Brand Equity.
Si tratta di un asset che rappresenta i valori più importanti di un’azienda, a fronte della misurazione del coinvolgimento e della consapevolezza del consumatore nella sua relazione con il marchio.
Al suo interno convergono aspetti emozionali e razionali, legati a fiducia, status, ispirazione e aspirazione: devono risultare convergenti tra impresa e utente, in maniera tale che si venga a creare un legame di fidelizzazione e all’insegna dell’empatia.
Nell’approfondimento di oggi analizziamo cos’è e come migliorare la Brand Equity, soffermandoci anche sui vantaggi.
Brand Equity: cos’è?
Come abbiamo accennato poc’anzi, la Brand Equity è un vero e proprio asset di business che però si rivela intangibile, ovvero non misurabile direttamente né toccabile con mano: fa infatti riferimento all’effetto e al riconoscimento che suscita nella persona un certo prodotto.
La Brand Equity è strettamente collegata alla Brand Awareness, alla Brand Loyalty e alle qualità stesse che vengono conferite al brand.
È possibile definirla a più livelli, a cominciare da quello finanziario: quando viene adottato un simile punto di vista l’accento va sul valore del marchio in quanto elemento essenziale del patrimonio aziendale; ciò avviene, ad esempio, in presenza di brevetti o soluzioni similari.
Se invece si contestualizza la Brand Equity in chiave marketing, può essere percepita come una sorta di patrimonio d’immagine che quella certa impresa è stata capace di conseguire nel corso del tempo.
In tal senso, bisogna analizzare da un lato i comportamenti degli utenti, dall’altro i canali utilizzati nella distribuzione e persino nell’advertising, in particolare quelli dell’influencer marketing.
Come si misura il valore del brand? I diversi studi e teorie del marketing sono concordi: va conseguito partendo da un’analisi dei comportamenti del consumatore incentrata sulla prospettiva da lui percepita.
La Brand Equity, quindi, può essere intesa come la corrispondenza al capitale che la marca accumula tramite le molteplici operazioni e investimenti del marketing.
La Brand Equity secondo David Aaker: i vantaggi
L’economista e studioso David Aaker, meglio noto come “Father of modern Branding”, è stato il primo a introdurre negli anni Novanta il concetto di Brand Equity, definendola nel modo seguente:
“L’insieme delle risorse (o dei costi) legate al nome e al simbolo della marca che si aggiungono al (o devono essere sottratti dal) valore che un bene o servizio fornisce ai clienti di un’impresa e alla stessa impresa”.
Il patrimonio o valore della marca, questa la traduzione più completa della Brand Equity, viene costruito sulla base di beni che risultano intangibili, raggruppabili a loro volta in cinque categorie:
- Brand Awareness, l’affermazione, la notorietà e soprattutto il fatto che il nome del brand risulti perfettamente riconoscibile da parte degli utenti.
- Brand Loyalty, la fedeltà che i consumatori manifestano nei confronti del marchio.
- La qualità che viene percepita del brand nel suo complesso.
- Le associazioni che vengono protratte nei confronti del marchio.
- La presenza di altri asset esclusivi, ovvero brevetti, marchi che sono stati registrati, ulteriori peculiarità caratteristiche del brand.
Il pensiero di Aaker è interessante perché descrive con chiarezza il valore aggiunto che presenta la Brand Equity per le aziende. Si tratta infatti di asset che aiuta a “interpretare, elaborare e immagazzinare grandi quantità di informazione sui prodotti e marchi”.
Allo stesso tempo incide sulla sicurezza che l’utente acquisisce per effettuare le sue scelte d’acquisto, influendo direttamente sulla customer experience.
Il punto cruciale della Brand Equity è del resto la percezione che i consumatori hanno del brand. Un aspetto da tenere sempre presente a livello metodologico.
Parliamo in ogni caso di un qualcosa oggetto di grande dibattito e di notevole attualità per tutte le aziende, per quelle che operano in presenza, in modalità ibrida e nel digitale.
La doppia valenza della Brand Equity
Dal punto di vista puramente concettuale, la Brand Equity è stata sviluppata nel tempo secondo una duplice valenza.
Come abbiamo avuto modo di accennare, si riferisce infatti da un lato al valore di tipo finanziario che un prodotto presenta in relazione al brand, dall’altro tale valore è legato alle iniziative di marketing disposte dall’azienda.
Entrambe le accezioni possono essere misurate, utilizzando però strumenti e modelli differenti. Vediamoli insieme.
Il Modello CBBE
La CBBE o Customer-based brand equity è un sistema di valutazione che ha come base il conseguimento di ricerche empiriche attraverso le quali è possibile analizzare la percezione che i consumatori presentano del brand durante la relazione con lo stesso.
Si tratta di una metodologia incentrata sui cambiamenti del marketing e che tende a variare insieme al mix di strategie e cambiamenti attraverso cui i prodotti di tipo branded vengono introdotti sul mercato.
Il Modello FBBE
La Financial-based brand equity o FBBE si concentra, più che sugli aspetti del marketing, su quelli di natura finanziaria, indagando in particolare il flusso di cassa di stampo incrementale che viene attualizzato dai prodotti branded.
La FBBE si riferisce al valore monetario che si ottiene con il brand e viene di prassi adoperata presso le aziende quotate in borsa per effettuare le valutazioni relative al rendimento finanziario durante il breve periodo.
La Brand Equity fa riferimento soprattutto alla modalità CBBE, indicando specialmente il potenziale a livello economico piuttosto che il valore monetario in sé.
La costruzione della Brand Equity
La costruzione della Brand Equity è fondamentale per le aziende, complice il fatto che garantisce un successo duraturo. Gli aspetti su cui lavorare nella costruzione sono gli stessi che poi andranno misurati. Vediamoli insieme:
- Bisogna incentivare la Brand Awareness attraverso la realizzazione di contenuti dall’alto valore emozionale, utilizzando i diversi canali della comunicazione digitale, dai social media alle soluzioni del digital PR.
- È essenziale lavorare sulla Brand Identity, a fronte di un posizionamento sul mercato che si riveli coerente, trasparente, lineare e di facile percezione. I consumatori devono avere chiaro fin da subito i valori e la mission dell’impresa.
- Un aspetto a cui prestare attenzione è quello di enfatizzare le associazioni positive a livello di marca, in maniera tale da stimolare una condivisione etica e valoriale. Sotto questo punto di vista la scelta di influencer e testimonial si rivela cruciale.
- Stimolando la condivisione con gli utenti, attraverso la richiesta di feedback o recensioni, si ottiene un vantaggio competitivo di non poco conto.
Come misurare la Brand Equity
La Brand Equity può essere misurata tramite l’adozione di più indicatori. Vediamone alcuni:
- Rapporto tra specifica quota di mercato e prezzo dei prodotti da cui dipende. In genere i brand più affermati presentano quote di mercato piuttosto elevate rispetto a quelle dei diretti concorrenti, a fronte dell’ottenimento dei cosiddetti premium price, ovvero dei prezzi più alti.
- Ricordo che la marca suscita nei consumatori, e di conseguenza la Brand Awareness.
- Tasso di retention. Viene valutato quanto il brand risulta capace di fidelizzare e prima ancora trattenere gli utenti.
- Tasso di penetrazione. Oggetto di analisi è la capacità del brand di attrarre nuovi clienti.
Tali fattori andrebbero incrociati tra loro, così da ottenere un’analisi il più possibile esaustiva, completa e che percepisce la Brand Equity da più punti di vista.
Conclusioni
Sono passati diversi anni da quando David Aaker ha introdotto il concetto di Brand Equity, il quale si rivela quanto mai attuale e persino decisivo nell’affermazione di un brand nel lungo termine.
Pur essendo basato su aspetti intangibili e in quanto tali non toccabili con mano, esistono azioni concrete da adottare, tanto per la creazione che per la misurazione. Parliamo quindi di un approccio pragmatico e capace di dare risultati concreti, non utopistico né astratto.