01.01.2025

Cos'è la Black Hat SEO e perché è da evitare

La Black Hat SEO è l'insieme di tecniche che ha l'obiettivo di ottenere un posizionamento migliore di siti e pagine web nei motori di ricerca.

Cos'è la Black Hat SEO e perché è da evitare

Fare SEO e farla bene sono due cose diverse: può sembrare una frase banale, ma è piuttosto vero il contrario, viste le molteplici insidie in cui è facile incappare. 

Ed è proprio per questo che è importante conoscere tutto ciò che ruota intorno a quella nota come Black Hat SEO. Essa contempla al suo interno le tecniche adoperate nell’ottica di manipolare i motori di ricerca - Google in particolare - per ottenere un posizionamento più favorevole. Questi, però, sono molto più accorti di quanto non si possa pensare e vanno a penalizzare tali pratiche. Ecco perché la Black Hat SEO è assolutamente da evitare.

Cosa si intende per Black Hat SEO?

Come abbiamo già accennato poc’anzi, la Black Hat SEO non è altro che quell'insieme di tecniche che ha come obiettivo quello di ottenere un posizionamento migliore di siti e pagine web all'interno delle SERP dei motori di ricerca.

Si tratta di tecniche che, tuttavia, essendo di per sé manipolatorie, vanno a violare i principi guida esplicitati dai motori di ricerca, andando a sfruttare gli elementi di vulnerabilità degli algoritmi. Possiamo quindi dire che non rappresentano un modo corretto di agire, cosa già di per sé da evitare, per non dire condannare.

La Black Hat SEO è per molti versi un’estremizzazione della Search Engine Optimization, o meglio, il suo lato oscuro, in quanto ne evidenzia i lati più spregiudicati. Si contrappone alla cosiddetta White SEO, ovvero l’impiego delle misure non solo lecite, ma anche comunemente accettate dai tool.

C’è un elemento culturale che sta alla base di tale contrapposizione, tra buono e cattivo: un fattore tipico della stessa natura umana e analizzato fin dall’antichità, come mostrato dall’Antica Grecia in cui già veniva attualizzato il concetto di Eros e Thanatos.

La Black Hat SEO, con il suo modo oscuro di agire, trova specchio nella figura degli hacker: personaggi che sfruttano le proprie competenze per utilizzare sistemi dannosi come i malware oppure violano le soluzioni standard dell’informatica per ottenere un tornaconto.

Il SEO Specialist che si avvale di tali pratiche non è poi così dissimile da un hacker, dal momento che nella maggior parte dei casi l’uso delle soluzioni black viene fatto con consapevolezza. Ciò non è tuttavia da dare per scontato, soprattutto per quanti si improvvisano professionisti del settore facendo da sé senza rivolgersi a degli esperti. Qualcosa che tende a risultare dannoso e persino controproducente.

Quali sono le tecniche più comuni di Black Hat SEO

Vediamo adesso quali sono le principali tecniche di Black Hat SEO, quelle che Google raccomanda di non utilizzare. Scopriamole insieme:

  • Keyword Stuffing. Si tratta dell’abuso di parole chiave all’interno delle pagine web: una pratica in cui in realtà è molto facile incorrere per i non professionisti. Google predilige un TOV naturale e che vede sì al centro le parole chiave e la pertinenza rispetto alle query, ma non l’abuso delle soluzioni del SEO Copywriting.

  • Cloaking. In questo caso al visitatore compare una pagina differente rispetto a quella presentata ai crawler, che accedono a un contenuto decisamente più ottimizzato.

  • Boilerplate. Parliamo di link disposti nel playout di tutte le pagine web così da stimolare verso un numero contenuto di pagine.

  • Article spinning. Tale tecnica consiste nel riscrivere un articolo conseguito da qualcun altro e proporlo come proprio, e dunque originale. Diciamo che si va ben oltre il puro e semplice prendere spunto da quanto fatto dai competitor.

  • Negative SEO. Questi metodi sono volti a screditare un competitor agli occhi di Google, così da penalizzarne il posizionamento. È però facile che Big G. se ne accorga.

  • Desert Scraping. Questa strategia vede al centro l’acquisto di domini scaduti (e in quanto tali non rinnovati) in cui trasferire dei backlink che appaiono precedenti rispetto al sito a cui rimandano. Il risultato è un profilo backlink non di qualità e in quanto tale penalizzato da Google una volta scoperta la cosa.

C’è poi una pratica del marketing, ormai consolidata, che però merita un’analisi a parte quando si parla di Black Hat SEO ed è la link building: una strategia di acquisizione dei link che, se non fatta ad arte, può incentivare Google a percepire un atteggiamento manipolatorio. 

Attenzione, questo non significa che la link building sia illegale per un motore di ricerca né che appaia inefficace. La nostra riflessione vuole soltanto invitare a rivolgersi a dei professionisti verticalizzati sull’argomento, particolarmente delicato da maneggiare in quanto potenzialmente borderline. Considerazioni che valgono, seppur in maniera differente, anche quando si realizza un blog, che come tutti sanno è uno degli strumenti più validi del Digital Marketing.

Quali sono i rischi di utilizzare i metodi della Black Hat SEO

Avvalersi delle soluzioni della Black Hat SEO non è mai una buona idea. I rischi che derivano dall’impiego di tale approccio sono diversi e non appaiono mai “funzionali alla causa”, un po’ come quando si compie qualcosa di illecito: l’eventualità di essere scoperti è dietro l’angolo. 

Quali sono le conseguenze in cui è possibile incorrere con la Black Hat SEO? Ce ne sono molteplici, vediamo insieme quelle di maggior rilevanza:

  • Google, così come qualsiasi altro motore di ricerca, è molto attento che tutto sia fatto nel rispetto dei suoi standard. Nel momento in cui individua che un sito o un canale online ha impiegato tecniche poco consone può decidere di penalizzarne la posizione all’interno delle SERP.

  • Si ottiene, quindi, una diminuzione di visibilità e si diventa inoltre dei sorvegliati speciali.

  • Big G può persino decidere di togliere il dominio dall’indicizzazione.

Detto ciò, c’è una cosa positiva che risulta collegata alla Black Hat SEO e risiede nel fatto che ha saputo stimolare la White SEO, incentivandola a trovare strade non solo più consone e legali, ma persino più sofisticate e produttive.

Conclusioni: il valore aggiunto della White SEO

Google è molto esplicito nell’indicare quali tecniche e trucchi evitare per influenzare i parametri di ranking: mette quindi in guardia senza se e senza ma. 

Per questo una realtà seria si avvale solo delle pratiche di White SEO, del duro lavoro e di risultati che magari non sono immediati come lo sarebbero facendo le cose diversamente, ma che non comportano rischi e si rivelano la soluzione ottimale nel breve e a maggior ragione nel lungo periodo. 

Questo è anche il modo in cui da sempre ha scelto di muoversi ALEIDE WEB AGENCY: puntando sulla professionalità, sull’aggiornamento dei propri professionisti - che nella SEO e nel Digital Marketing appare essenziale - e sulla trasparenza. Costruendo una strategia sartoriale per ogni azienda e in quanto tale non solo “pulita” ma anche efficace.

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