01.04.2024

Corporate Social Responsibility: come strutturarla e perché è importante

La Corporate Social Responsability comprende le azioni di un'azienda a favore della comunità per raggiungere obbiettivi sociali e sostenibili. Scopriamola.

Corporate Social Responsibility: come strutturarla e perché è importante

La Corporate Social Responsibility è diventata un aspetto prioritario all’interno delle principali strategie corporate.

Si tratta della responsabilità sociale d’impresa, questa la traduzione in italiano dell’espressione, e si sviluppa in un contesto in cui il business è orientato verso obiettivi sociali, di sostenibilità e sviluppo.

Inoltre, offre una spinta importante per superare un periodo di crisi: andrebbe quindi costruita sempre all’interno della Brand Identity.

In questo approfondimento analizziamo cos’è, quali sono le strategie che possono essere adottate e come comportarsi a livello normativo.

Cos’è la Corporate Social Responsibility o CRS

Entrando più nel dettaglio, per Corporate Social Responsibility o CRS si intendono le pratiche, le policy e i comportamenti che l’azienda adotta a favore della comunità.

Si tratta di una forma di responsabilità di matrice volontaria che le imprese assumono verso soprattutto gli stakeholder: persone e gruppi che presentano un interesse o manifestano dei diritti verso le attività di una certa impresa.

Rientrano nella categoria clienti, azionisti, fornitori, dipendenti e collaboratori, nonché tutte quelle figure con cui la realtà di business sviluppa un’interazione all’interno di un dato territorio di riferimento.

È verso gli stakeholder che il brand è attivo per sviluppare la CRS, con l’adozione di una politica capace di armonizzare obiettivi economici, sociali e ambientali, quest’ultimi oggi di grande attualità.

La sostenibilità è uno degli aspetti centrali della responsabilità civile d’impresa, un fattore potente per sensibilizzare le generazioni non solo attuali ma anche future. Al centro troviamo perciò elementi inerenti la sicurezza e l’affidabilità dei prodotti, a cui vanno aggiunti l’attenzione all’ambiente e alla salute degli esseri viventi.

La Corporate Social Responsibility e le sue attualizzazioni sono da intendere come conseguenza dei cambiamenti che hanno interessato gli stili di vita, a fronte di una vision nuova e tipica della società contemporanea.

Va perciò intesa come il conseguimento di una sorta di “cittadinanza” da parte di qualsiasi soggetto coinvolto nell’economia e che produce un reddito.

Corporate Social Responsibility: il nuovo ruolo delle imprese

Una delle sfide più interessanti per le imprese è quella di soddisfare i bisogni delle persone, a fronte di valori di matrice non esclusivamente economica.

Siamo comunque ben lontani dal fordismo, incentrato sul prodotto e non sul cliente. Nella comunicazione contemporanea, invece, il focus dell’intero processo, come ben dimostra la Corporate Social Responsibility, è l’utente.

Per questo tra gli obiettivi di business quelli di matrice sociale e ambientale assumono una valenza crescente: qualcosa di cui le aziende sono chiamate a rendere conto.

Come si comportano le imprese in un simile contesto? Le pratiche che stanno adottando sono molteplici e interessano più livelli, coinvolgendo i vari interlocutori di riferimento: si tratta principalmente di strategie di stakeholder engagement.

Si sta passando da un logica di tipo “One Bottom Line” - una fase di bilancio in cui il focus era l’ultima riga, quella inerente i profitti - a una logica di “Triple Bottom Line”, dove oltre a rendere conto del fatturato si riportano le responsabilità conseguite verso gli stakeholder a livello di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Il nuovo sistema va inteso come un vero e proprio bilancio sociale e in quanto tale offre precise indicazioni nonché un’analisi approfondita dei risultati conseguiti dall’attività, anche per quanto concerne il patrimonio di stampo sociale.

Il concetto di ricchezza assume un valore nuovo ed è inerente quanto prodotto e distribuito dall’impresa a livello economico e al contempo socio-ambientale.

CRS e aspetto normativo

Nonostante l’Unione Europea si sia espressa in termini positivi sulla CRS, non esistono al momento in Italia delle norme codificate al 100% a cui le imprese devono attenersi.

Questo non vuol dire che non ci siano delle disposizioni di riferimento, ma semplicemente che la questione oggetto di ampio dibattito e molto delicata, con confini ancora da oggetto di esplorazione.

Lo dimostra un caso che ha avuto risalto all’interno delle cronache dei giornali: parliamo del “Pandoro Gate” e delle vicende giudiziarie che stanno interessando l’influencer Chiara Ferragni.

La Corporate Social Responsability è qualcosa che le imprese esplicitano in maniera spontanea, spesso autoregolamentadosi internamente.

La Costituzione Italiana offre un quadro generale e lo fa all’interno dell’articolo numero 41, dove viene indicato che l’iniziativa economica dei soggetti privati è necessario che non vada a contrasto con “l’utilità sociale”.

C’è persino un accenno di come tale iniziativa possa essere indirizzata tramite programmi e soluzioni di controllo aventi fine sociale.

Questa è anche la ragione per cui la Consulta si è spesso pronunciata negli anni, nell’ottica di garantire la protezione della salute dell’uomo, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale dagli interventi dell’iniziativa economica.

Non solo. Con la Legge 254/2016 l’Italia ha anticipato alcune recenti disposizioni dell’UE, imponendo l’inserimento della CRS nel bilancio per le realtà quotate in borsa, facendo quindi diventare questo aspetto una sorta di consuetudine.

Le disposizioni dell’Unione Europea

All’interno della Comunicazione 681 del 2011 l’Unione Europea ha definito la Corporate Social Responsibility nel modo seguente: “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”.

Non si tratta del suo primo intervento, dal momento che l’UE si era già espressa sul tema nel 2001, in occasione della promozione di un Libro Verde volto a “promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”.

All’interno del volume si parlava della CRS come di una “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese”.

La Commissione ha inoltre fornito ulteriori pareri su vicende di vario genere e che hanno come oggetto l’obbligo di rendicontazione di risultati e informazioni in riferimento alle politiche adottate.

Infine, il 5 gennaio 2023 è stata predisposta l’entrata in vigore della CSRD: la Corporate Sustainability Reporting Directive, la quale ha rafforzato le regole che interessano la rendicontazione e la comunicazione della CSR, ampliando la tipologia di aziende tenute a farlo.

L’intento è quello di dare voce a una maggiore trasparenza per quanto riguarda l’impatto che il business presenta su fattori sociali, culturali e ambientali.

Gli obblighi verranno applicati sui bilanci che verranno pubblicati nel 2025 e riguardano le imprese con oltre 500 dipendenti aventi interesse pubblico nonché le società quotate in borsa di qualsiasi dimensione.

Come approcciarsi alla Corporate Social Responsability

Il concetto di CSR è oggetto di dibattito, motivo per cui sono diversi gli approcci che le aziende possono adottare.

Le cose risultano diverse a seconda del fatto che la responsabilità sociale d’impresa sia incorporata all’interno della mission, dei processi e degli asset aziendali: le iniziative adottate potranno essere molto diverse.

Un altro aspetto da considerare è la presenza di figure come CEO e manager che denotano una spiccata sensibilità verso le questioni sociali e ambientali, dando una spinta propulsiva in tal senso.

In altri casi l’intento è invece decisamente più “blando”, ovvero quello di avere un biglietto da visita “pulito” e positivo da poter presentare agli stakeholder.

Un approccio che richiede particolare attenzione perché quando le tecniche vengono adottate in maniera forzata e non autentica ciò emerge in maniera preponderante, rivelandosi controproducente.

Sono i casi in cui la CRS è, in realtà, una forma di socialwashing o di greenwashing: nel primo caso le aziende adottano iniziative sociali, culturali e ambientali per distogliere l’impatto in realtà negativo che hanno in tali ambiti; nel secondo il tentativo è quello di ripulire un’immagine in precedenza non positiva all’interno di tematiche ambientali.

Le principali iniziative di CSR

La Corporate Social Responsibility può essere esplicitata secondo diverse modalità, a seconda che si tratti di azioni spot o a tempo prolungato. Queste le principali soluzioni che possono essere adottate:

  • Attività di Corporate Philanthropy. Parliamo di donazioni e sponsorizzazioni a enti che operano in vari campi. L’impatto di tali iniziative avviene nel breve periodo e ha un’esternalità a valenza positiva che risulta limitata, dal momento che a beneficiarne sono solamente le realtà oggetto della donazione.
  • Attività di Marketing Sociale. In questo caso l’azienda partecipa a campagne che presentano un beneficio per la collettività e che permettono di migliorare il rapporto con la comunità di riferimento, senza rinunciare allo sviluppo di aspetti economici.
  • Attività di Risk Management. I progetti che rientrano in tale categoria sono funzionali a rimediare a situazioni spiacevoli e persino scandali che si sono venuti a creare. Questo tipo di modalità vanno comunque maneggiate con cura perché il rischio di andare incontro a situazioni di green o social washing è dietro l’angolo, peggiorando la situazione.

Conclusioni sulla Corporate Social Responsibility

La Corporate Social Responsibility rappresenta molto più di un semplice trend per le imprese: è da intendere, piuttosto, come un’opportunità da sviluppare a più livelli e in maniera dinamica.

Si tratta di qualcosa di molto delicato, dal momento che è essenziale che le pratiche adottate siano in linea con l’identità del brand e i suoi valori. Le soluzioni che si possono adottare presentano un mix di creatività e istituzionalità.

Una particolare attenzione va dedicata anche all’aspetto normativo, per il quale è essenziale attenersi a quanto esplicitato nella Costituzione - che dà sì confini generici e di ampio respiro, ma di per sé piuttosto chiari e definiti - e dall’UE.